Racconti

LA VOCE “STRADE” [ORIGINE n. 3]

La voce “strade”
di Cesare Zavattini

Ho diviso il mondo in tante voci, ho scritto le voci ciascuna su di un pezzo di un foglietto di carta, piegato in quattro, le ho messe tutte in una vecchia borsetta. Ogni giovedì mi chiudo in camera ed estraggo un foglietto. Oggi dice: strade.
[…]
Dovrò osservare le strade dunque. Ne ho viste tante, ma ne ricordo solo una. Un uomo mi fermò guardandomi negli occhi: “Lei è il signor A***?”, “No, io non sono il signor A***?”.
L’uomo insisté. “Lei è il signor A***”. E avrei replicato, forse vibratamente, se l’uomo non mi avesse dato un forte schiaffo. Poi si allontanò quasi di corsa. Io ero lì fermo, intontito; il cappello mi era ruzzolato per terra. Ecco se il cappello non mi fosse ruzzolato per terra, se non avessi dovuto raccoglierlo, pulirlo con le mani tremanti, confuse, davanti ad un bambino che mi guardava, ed era il mio bambino, avrei dimenticato ogni cosa, perché seppi, qualche minuto dopo, che quell’uomo era un povero pazzo. Ma il mio cappello era ruzzolato per terra, le mie mani erano tremanti, parevano le mani scarne degli ammalati, mani senili… Io e mio figlio non dimenticheremo mai quella lingua strada e i grigi sassi del selciato connessi come le scaglie di un armadillo.

(Casare Zavattini, dal “Al Macero”, Einaudi)

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