Racconti

R.E.X.O. di Isabella Santacroce

Vivo nel frigorifero. Da un anno vivo lì dentro. In un parallelepipedo rigido con la bombatura sul petto. Immenso. Di colore bianco. Un bianco squillante. Lucente. La grossa maniglia d’acciaio curvato. I suoi lati dal consistente spessore. L’altezza perfetta. La giusta per mantenermi eretta del tutto. Sta nell’angolo di una cucina sintetica. Nessun profumo di niente. Mangio insalate freddissime. Lunghe carote col ciuffo. Sedani con le gambe. Poi dormo. A volte sto sveglia. Penso. Ricordo i miei giorni diversi. Quando vivevo. Relazionavo. Uscivo la sera coi tacchi. Scopavo. Sognavo. Speravo. Cercavo l’affetto. L’amore. Quel caldo. Gli amici. Le telefonate di sera. Le cene. Le passeggiate romantiche. Il trucco. Il parrucchiere. L’ufficio. I sorrisi. Gli abbracci. Le lotte. La voglia di cambiare un po’ tutto. Gli sforzi. Gli allenamenti in palestra. Gli addominali. I piegamenti dei glutei. Gli integratori. I massaggi. Le poche conquiste. I fallimenti. Le attese. La disperazione. La gioia improvvisa per qualche dettaglio di vita decente. La fine. Le delusioni. Ricominciare. Cercare le giuste movenze. La perfezione professionale. Salire. Conquistare nuovi livelli. Realizzare ambizioni. Superare gli ostacoli. Eccitare. Stupire. Sedurre la gente. Resistere. Accettare gli scherzi. Vincere le debolezze. Mantenere il rispetto. Spolverare i miei mobili. Usare il guanto di crine. Conversare. Essere brillante. Lucida. Farsi sottomettere. Vestire con gusto. Usare il fondotinta. L’ombretto. Nascondere tracce di solitudine. Fingere. Io sto benissimo. Sono contenta. Proiettata davanti. Un immenso futuro eccitante. Una casa perfetta. Trent’anni. Carriera. Divertimento. Un bel corpo. L’intelligenza. Sensibile. I corteggiatori dolcissimi. Premurosi. Mi sbattono. Non si ripresentano. Aspetto. Mi sento. Un mostro. In guerra. Mi alzavo il mattino. Già pronta. Coraggio. Vita magnifica. Doccia. I vestiti. Le armi. La metro. I colleghi. La mensa. La merda. La sera. Il ritorno. Ti chiamo domani. Il cinema. Le derelitte. Donne senza nessuno. In ricerca. Gli sguardi. Zero conquiste. Qualcuna. L’evento. I pettegolezzi. L’appuntamento. Cercare l’amore. Trovarne la fine. Poi basta. Stringere il cuore. Lasciarlo in disparte. Del sesso. Una notte. Cercarlo. L’utente chiamato potrebbe avere il terminale spento. Dei pianti. Le amiche. Non prendertela. Uno stronzo. Non merita. Che palle. Ho deciso. Io smetto. Io chiudo. Addormento. La pace dei sensi. Del resto. Il lavoro. L’amore. La vita. Mi spengo. Rinuncio. Licenzio. Il convento. Le alte montagne. Eremita. Da sola. Vestire di stracci. Lavarsi nel fiume. Scappare. Raccogliere mele. Campagna. Il risveglio col gallo. Le torte. Mungere vacche. Dormire alle otto. Gli asparagi. Fare il coltivatore diretto. Pregare in ginocchio. Il sesso peccato. L’amore per Dio. L’incenso. Le calze. La messa. La tempia. Pistola. Il grilletto. L’ho fatto. Lasciato l’impiego. Le conoscenze. Staccato il telefono. Buttato il presente. A natale. In quel giorno. Sono uscita per strada. Il viso contratto. Lo sguardo cadente. Girare nei viali. Camminare per ore. Il Mc Donald’s. Le mille vetrine. Le madri. La spesa. Le macchine. Il cielo. Il semaforo. Le valigette. Attendere il verde. I clacson. Veloci ambulanze. Sirene. Gli addobbi. Le lampadine. Gli alberi in gomma. I lustrini. Babbo Natale. La slitta. Le intere famiglie in carrello. Gli acquisti. I barboni per terra. I cavalli da festa. I dolci. I pacchetti coi fiocchi. Le mele candite. Gli affanni da shopping. Le merendine di zucchero. I camion. Gli operai nei tombini. Le telecamere. I maschi che corrono. Le femmine in mostra. I culetti. Le gonne svasate. I tagli alla moda. Le bottigliette. I bar tutti aperti. Le coppie abbracciate. Le liti tra autisti. I taxi. Il gelo. La neve. Gli stivaletti di pelle. Gli zingari. Il senso di perdita. Abbandono negli occhi. Sentirsi un’aliena. Non avere famiglia. Quel brivido. Paura. Spavento. Deridersi. Guardarsi riflessa. In cammino. Pensare. Gli sbagli. Chiedersi e adesso che faccio. Le convinzioni. Il panico. Oddio sono pazza. Ritorno. Riprendo. M’infilo. M’esalto. Chiamo chi avevo. Ritento. Il lavoro. Insisto. E’ stato per colpa di un mancamento. Vorrei nuovamente il mio posto. Riaccendo. Pulisco. Mi pettino. Metto la camicetta. La spilla. Le collant trasparenti. Il fascino. Sono corsa verso il mio appartamento. Aperto le tende. Il mattino. La luce. Gli armadi. Il bagno. Il profumo. I numeri. La cornetta. L’orecchio. Ciao cosa fate di bello. Cercare un invito per capodanno. Inserirsi di nuovo. Brillare. Ma certo. Magnifico. Vediamoci presto. Domani. Le chiacchiere. Il giapponese. Sfogliare riviste. Stai calma. Nessuno sconforto. Solo un momento di smarrimento. Avrei ripreso il lavoro finite le feste. Ero bravissima. Segretaria impeccabile. Orari perfetti. Il silenzio. Una piccola irrilevante crisi di nervi. Cosa da poco. Succede. La vita è stupenda. Avrai nuovi occhi. E poi ti ricordi che bello andare alle feste. Agli aperitivi. Nel chiasso. Sedersi. Ballare. Ammirare. Essere scelta. Che bello. Sperare. Emozioni. Parlare dei maschi. Degli abiti. Delle femmine. Pesarsi. Usare le creme. Le maschere. Gli specchi. Sorridere. Fantastico. Ricordi. La cena. I tacchi. Lo scialle. Le frange. Il giovane artista. Con lui sul divano. Guardare la luna. Parlare. La porta. I domestici. I complimenti. L’eleganza dell’abito. Il viso dolcissimo. Quella borsetta. Lui ti ha baciato se non mi sbaglio. Molto romantico. Aveva degli occhi. Uno sguardo. Quel fuoco. La pelle. Il suo collo. Lo scooter. Sfrecciare per Roma. Nel vento. I capelli. Salire sopra il suo letto. Sentire ti amo in questo momento. Mi sono convinta. Sono una pessimista per questo ho detto ora mollo. Campagna. Convento. Grilletto. Montagna. Gli stracci. Eremita. Le vacche. Troppo severa verso me stessa. L’attorno. Ho trascorso quei giorni di festa benissimo. Simulavo il non panico. Nemmeno l’ombra d’angosce. Facevo le passeggiate. I negozi. Comprare ciò che ti dona. Risalta. I consigli. Le stordite femmine. Poi è arrivato il giorno del capodanno. Il compleanno degli anni. Il delirio. L’eccitazione. La festa al castello. Venivano a prendermi verso le otto. La cena. L’orchestra. Dei balli. L’abito in seta. Fiori leggeri sopra i capelli. La strada. I fischietti. Il rossetto. Le amiche invincibili. Le scale. La musica. Mi sono messa in un angolo. Nell’angolo del tavolo. Nell’angolo del salone. Nell’angolo della mente. Del cuore. Del corpo. Di tutto lo spazio presente. Mi pareva terribile. Una rivoluzione della solitudine. Ridevano molto gli altri invitati. Si ubriacavano. Facevano i brindisi. Gonfiavano i muscoli. Tiravano palloncini dalle finestre. Si sbattevano a ritmo. Le giacche fosforescenti. Cravatte. Le palpebre. Le vesti di tulle. Le ciprie rosate. Le lingue. Le bocche. Le grida. I bicchieri. Il pesce lasciato nei piatti. Le righe nei cessi. Gli scherzi. Le braccia. Gli sbandamenti. Le schiene. I tatuaggi. Recitare divertimenti. Esagerare. Scommettere. Fare da matti. Salire sul tavolo. I ballerini. Le ragazze di lusso. Gli spostamenti. Il trenino. Suonare trombette. La musica esotica. Le esplosioni di mezzanotte. Scappare in giardino. Guardare nel cielo. Gli scoppi. I petardi. I fuochi nel buio. Le voci. Le spinte. Gli auguri. La vodka. Spumante. Champagne. I dolcetti. Le mele cotogne. Le calze smagliate. Il trucco disfatto. Le prede. Gli avvicinamenti. Il rimorchio. Gli atteggiamenti. I divanetti. La nausea. La sbronza. Le mani sul culo. Le tette. Gli approcci. Dei nomi. Numeri di telefono. Nasi. Pupille. Profumi. Battute. Le reginette. I rampolli. Le sigarette. Le ore. I collassi. La gente che dorme. La luce. Le sbornie. I mancamenti. Il mattino. La pelle. I ritocchi. Le bandierine. I passaggi. Finire. Tornare. Le date. Lancette. Abbassare le tapparelle. La testa. Dormire. Svegliarsi. Già sera. Sconvolta. Le occhiaie. La puzza di sigarette. Le scarpe in cucina. Tristezza. Aspettare. Guardare. Aprire. Togliere tutto da dentro. Lo yogurt. I fiocchi di latte. I carciofini sott’olio. Le grate. Entrare. Infilarsi col corpo. Tirare. Assaggiare quel fresco. Restare. Nel buio. Nient’altro.

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Origine - genesi sociale degli immaginari mediali - Direttore MICHELE INFANTE