Critica letterariaRecensioni TEATRO

Un tram che si chiama desiderio di Tennessee Williams

Teatro Carignano – Torino (12 – 24 febbraio 2013)

con Laura Marinoni, Vinicio Marchioni
regia Antonio Latella

La luce totalmente innaturale e abbagliante dei riflettori impedisce allo spettatore di scivolare nella sospensione dell’incredulità. Un grande pungolo a 5000w sul limine del palco, quasi un cannone di luce, insieme con svariati altri più piccoli alle sue spalle, immerge la scena e la platea dentro una medesima illuminazione del tutto innaturale, antirealistica, psichica.
Il testo di Williams viene così schermato all’interno della sua dimensione totalmente simbolica, drammatica nel senso etimologico di azione rappresentativa, per niente naturalistica. La vicenda dell’eroina è scarnificata, purificata, restituita alla potenza archetipica dello scontro del singolo con la storia.

L’illusione, l’autonarrazione fasulla, l’estremo rifugio negli eccessi del corpo, l’ultima speranza infranta di riscatto. Il singolo che non muta, che non rinuncia a se stesso, è destinato a soccombere, a smarrirsi, a farsi travolgere. Si inabissa nella propria identità inseguendola man mano che essa si ritrae al contatto con un mondo ostile. Qui si frantuma, e infine si abbandona alla rinuncia.

Blanche DuBois è un grido nella notte che nessuno è capace di raccogliere. Chi la circonda è strutturalmente incapace di sintonizzarsi con la sua richiesta di aiuto, di salvezza. Per questo la sua storia è scandita da una teoria di traumi, di spossamenti, di delusioni. Fino all’ultimo, fino alla fine. Ma più della crudezza della storia, della rudezza dei personaggi, del loro linguaggio, della loro fisicità, è la voce della protagonista a costituire il fulcro del testo di Williams, ponendosi come il suo nucleo autenticamente significante e evocatore.

Non sono più i tempi del dopoguerra, delle messinscene realistiche di Kazan o di Visconti, quel tipo di scandalo ormai sarebbe anacronistico. Il testo di Williams è d’altronde evidentemente intagliato dentro una dimensione cronologica che è quella del mito, quella di un passato di colpe collettive e di perduta innocenza che si abbatte sugli individui che provenendone non sanno liberarsene, e per questo si dannano e smarriscono. Non v’è redenzione possibile: Blanche è forse il più sofocleo dei personaggi dell’intera drammaturgia novecentesca.
L’allestimento di Latella, andato per la prima volta in scena a Modena nel 2012, fa i conti con il testo in modo moderno, e con onestà intellettuale lo riporta nella sua giusta portata simbolica.

Roberto Balzano

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