Critica letteraria

QUESTA E’ LA MIA ILIADE di Alessandro Baricco

Poche righe per spiegare come è stato costruito il testo che stiamo per leggere. Il punto di partenza è la traduzione che, dell’Iliade, ha fatto Maria Grazia Ciani (la potete trovare il libreria, pubblicata da Marsilio). E’ una traduzione in prosa e mi è sembrata più moderna di altre, o forse solo più vicina al mio sentire. Comunque: l’ho scelta e ci ho lavorato su per ottenere un testo che potesse essere letto in pubblico in un tempo ragionevole e con qualche possibilità di non esasperare la pazienza degli ascoltatori. Così ho fatto una piccola serie di interventi. Per prima cosa ho fato dei tagli per ricondurre la lettura a una durata ragionevole (adesso ce la dovremmo cavare in sete, otto ore di lettura: ammesso che questo sia ragionevole). Non ho tagliato, quasi mai, delle scene intere, ma mi sono limitato, per quanto è possibile, a togliere le ripetizioni, che nell’Iliade sono numerose, e ad asciugare un po’ di testo. Ho cercato di non riassumere mai e di non inventare delle frasi: e di creare piuttosto delle sequenze più stringate usando sezioni originali del testo. Per ci i mattoni sono quelli omerici, ma il muro risulta più essenziale. Non ci sono tutte le parole di Omero, ma tute le parole che ci sono vengono, in linea di massima, da Omero.
Ho detto che non ho quasi mai tagliato scene intere: questa è la regola, ma devo citare l’eccezione più evidente: ho tagliato tutte le apparizioni degli dei. Non è questo il luogo in cui discutere una storia del genere. Vorrei giusto annotare che togliere gli dei dall’Iliade non è probabilmente un buon sistema per comprendere la civiltà omerica: ma mi sembra un ottimo sistema per recuperare quella storia riportandola nell’orbita delle narrazioni a noi contemporanee. Come diceva Lukács, il romanzo è l’epopea del mondo disertato dagli dei. Il secondo intervento che ho fatto è sullo stile. Già la traduzione della Ciani usa un italiano vivo, più che un gergo da filologi. Ho cercato di proseguire in quella direzione. Da un punto di vista lessicale ho cercato di eliminare tutti gli spigoli arcaici che allontanano dal cuore delle cose. E poi ho cercato un ritmo: la coerenza di un passo, il respiro di una particolare velocità e di una speciale lentezza. L’ho fatto per ché credo che ricevere un testo, che viene da così lontano, significa sopra ogni cosa cantarlo con la musica che è nostra. Il terzo intervento è più evidente, anche se poi non così importante come sembra. Ho girato la narrazione in soggettiva. Ho scelto alcuni personaggi dell’Iliade e gli ho fatto raccontare la storia sostituendoli al narratore esterno, omerico. Per lo più è una faccenda puramente tecnica: invece di dire “il padre perse a figlia tra le braccia”, ne mio testo c’è la figlia che dice “mio padre mi prese tra le braccia”. E’ una cosa che può aiutare chi legge a non smarrirsi e chi ascolta a non addormentarsi. Quarto intervento: naturalmente non ho resistito alla tentazione e h fatto alcune, poche, aggiunte al testo. Non cè modo, nella lettura pubblica, di farvi capire quali sono: le trovate nel libro, se volete, stampate in corsivo: sono come restauri dichiarati, in acciaio e vetro, su una facciata gotica. Quantitativamente, sono interventi che coprono una facciata minima di testo. Per lo più riportano in superficie sfumature che l’Iliade non poteva pronunciare ad alta voce ma nascondeva tra le righe. A volta riprendono tessere di quella storia tramandate da altre narrazioni posteriori (Apollodoro, Euripide, Filostrato). Il caso più evidente, ma in certo modo nomalo, è l’ultimo monologo, quello di Demòdoco. Come si sa L’Iliade finisce con la morte di Ettore e con la restituzione del suo corpo a Priamo: non c’è traccia del Cavallo e della caduta di Troia. Pensando alla lettura pubblica, però, mi sembrava perfido non raccontare come quella guerra fosse poi, finalmente, finita. Così ho preso una situazione che viene dall’Odissea (Libro VIII: alla corte dei Feaci un vecchio aedo, Demòdoco, canta la caduta di Troia davanti a Ulisse) e le ho versato dentro, per così dire, la traduzione di alcuni passi de La presa di Ilio di Trifiodoro: un libro, non privo della sua eleganza post-omerica, che risale forse al IV secolo dopo Cristo. Ecco: più o meno è tutto quel che ho fato. Se volete, il testo è adesso disponibile in libreria, pubblicato da Feltrinelli col titolo Omero, Iliade.
Buon ascolto.

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