Leonilde, storia eccezionale di una donna normale di Sergio Claudio Perroni
Teatro Gobetti – Torino (dal 29 gennaio al 3 Febbraio 2013)
con Michela Cescon
regia Roberto Andò
[Teatro Stabile di Catania]
Poche figure dell’Italia del novecento si prestano per un’operazione di teatro civile meglio di quella di Nilde Iotti. Se è vero che il campo delimitato dall’incrocio delle traiettorie esistenziali dei singoli con quelle della storia, è per natura un territorio ideale per tentativi di verifica, perché saturo di corrispondenze e di conflitti, nella vicenda biografica della dirigente comunista la dimensione pubblica, politica e istituzionale, investe l’aspetto intimo e privato con un sovraccarico drammatico tale, da renderla per certi aspetti quasi esemplare.
L’etica rivoluzionaria non prevede interferenze sentimentali. Apostolicamente consacrati alla causa i militanti e i loro capi non si lasciano distrarre o destabilizzare. E men che mai debbono mettersi in condizione di fornire pretesti di attacco ai loro nemici. Questo si afferma per convinzione, certo. Ma anche, chissà, per dissimulare, dandovi voce, frusti e triviali luoghi comuni borghesi, reazionari e benpensanti, che albergano inaspettati anche laddove proprio non dovrebbero. E che rendono ancor più complicato, faticoso, doloroso, il percorso degli individui, la legittimazione delle loro richieste, e lotta per la conquista di spazi di liberazione, di democrazia, di civiltà.
Nilde Iotti è stata partigiana, deputata alla Costituente, membro della Commissione dei Settantacinque, primo presidente donna della Camera dei Deputati. Ma è stata anche la giovane amante di Palmiro Togliatti, colei che ne ha messo fine al matrimonio, la dirigente che nel Pci degli anni cinquanta ha contato tanti, troppi nemici. Non le bastava, ai loro occhi, essere stata al fianco di Togliatti nell’attentato del ’48, né avergli fatto di lì in poi da sincera e amorevole compagna. La sfera familiare del leader avrebbe dovuto essere nient’altro che un simulacro asettico, mero supporto di quella pubblica dell’azione politica. La sola presenza della giovane deputata al fianco del capo metteva invece in crisi questo schema. Ne mostrava l’obsolescenza e l’inadeguatezza.
E rivendicava, mutamente ma caparbiamente, ai sentimenti diritto all’irriducibilità e all’autonomia, e quindi una forzatura dei limiti dello spazio di laicità, di cui anche a sinistra si faceva allora fatica a riconoscere l’opportunità e la necessità. D’altronde la storia dei rapporti del Pci con le lotte per i diritti civili in Italia non è una storia del tutto lineare. Questo il monologo di Sergio Claudio Perroni lo dice senza infingimenti, e forse proprio a partire da ciò esso raccoglie man mano il materiale delle sue riflessioni.
Dentro il tentativo di ricongiungere problematicamente la voce pubblica e la voce interiore, l’autore finisce per aprire le contraddizioni tutte politiche di un’epoca rispetto alla quale il suo personaggio, giustamente, viene ad assumere un ruolo di rottura, di anticipo, di guida. Non a caso il procedere della messinscena è scandito più volte dalla voce dello speaker della Camera che legge i risultati della votazione che elegge Iotti presidente. È quello il momento dirimente: non tanto l’apice di una carriera istituzionale, quanto la certificazione, il riconoscimento della sintonia con la comunità dei cittadini e del valore civile del suo percorso di “realpolitik esistenziale”. Del quale, sulla scena, non vengono celate ma esibite le rinunce e le ferite. Il racconto della storia di Nilde Iotti è un monito di disciplina etica e di dignità. Ma anche, soprattutto, una lezione di fede: politica e affettiva.
Chi ricorda, chi è stato colpito e affascinato dal riserbo, dalla forza, dall’austera semplice umanità che emanava dalla sua figura, non può non riconoscerla nei modi dell’interpretazione di Michela Cescon. Che dà corpo a una Leonilde intima e raccolta. Ma proprio per questo tanto più politica, partecipe, partigiana. Struggente, a dir poco, quando canta quasi sussurrandoli i versi di Bella Ciao.
Roberto Balzano